mercoledì 22 maggio 2013

Cecilie Kyenge e il razzismo africano contro i bianchi?

Ieri la congolo-italiana, italiana per matrimonio, Cecilie Kyenge, ex immigrata clandestina e attuale Ministro dell’Integrazione, a detta di alcuni Ministro della – Dis – Integrazione, usando a posteriori la banale scusa della scorta, a margine di un incontro a Milano, per la consegna ad alcun minori della cittadinanza ufficialmente simbolica, praticamente fittizia, a dei figli di immigrati, si è rifiutata, e le immagini sono chiare, di stingere la mano ad un uomo bianco. A detta di qualcuno il rifiuto può essere stato causato per via del colore bianco della pelle, mente per altri, perché questi era leghista. Dalle immagini si evince chiaramente che se il ministro, razzista a questo punto, avesse voluto, avrebbe potuto ordinare alla scorta di lasciarlo passare, dando così l’esempio di buona educazione e di essersi integrata, lei ex immigrata clandestina, oggi ministra, negli usi e costumi italiani, ma purtroppo così non è stato. Portando quindi a pensare che le cose sono due: o è tipico della tradizione congolese non stringere le mani agli uomini bianchi, oppure da politica congolo-italiana, ha preso tutti i difetti peggiori degli italiani, mescolando il peggio del Congo con il peggio dell’italiota mediocre, anche se laureato in un “meticciato” culturale che produce, in alcune minoranze, frutti avvelenati. (1).

Ora bisognerebbe capire se il comportamento quasi da Black Panter (Pantere Nere) (2), vuole rimanere all’interno della legalità, sancita anche dal Trattato di Lisbona, o come dichiara Cecilie Kyenge, “Io credo che il tema della cittadinanza è un tema che dobbiamo tutti affrontare, aldilà delle leggi, aldilà di qualunque ideologia, ma è un tema che dobbiamo affrontare e va affrontato da diversi punti di vista, non soltanto la sottoscritta, ma credo che sia un esigenza del Paese” – Giornalista – “Le polemiche leghiste le hanno fare un po’ un passo indietro?”, Cecilie Kyenge, “Ma la risposta io ho sempre detto, non la devo fare io, la risposta la deve dare la società civile. La mia posizione è sempre stata chiara. Quindi la risposta è quello che deve dimostrare il Paese e la società civile”. (3). Il che porta molti a pensare: ma cosa ha veramente detto o cosa voleva, visto il lessico deboluccio, dire?

Nelle 89 parole pronunciate, la Cecilie Kyenge, senza dire quasi nulla, ha utilizzato due volte “dobbiamo tutti affrontare”, due volte “aldilà”, due volte “tema”, due volte “Paese”, due volte “Società Civile”, tre volte “Risposta”, dimostrando un lessico misero, da studente straniero, livello B1, del Quadro comune europeo di riferimento di conoscenza delle lingue (4).

Che non sia la persona più preparata a livello linguistico e di conoscenza della lingua e della cultura italiana, quella lingua e quella cultura italiana, presente nel sangue degli autoctoni, lo dimostra anche il video (5), dove in un brano del discorso dice: “Un’iniziativa come questa è una di quelle buone pratiche che bisogna sostenere con forza nel Paese. Bisogna sostenere un’intesa che faccia capire che siamo tutti cittadini. Questo segnale non lo deve dare soltanto il Comune di Milano, ma la mia presenza è quella di dire che come istituzione, a livello nazionale bisogna cercare di fare passare questo messaggio, quello di una nuova convivenza, di una cittadinanza forte, una cittadinanza dove ognuno di noi possa ritrovarsi, dove ognuna di noi dove essere sicura lì, dove scegliere di abitare, lì è casa sua. Il meticciato, come ho detto anche prima, è già una realtà nelle nostre scuole. Se voi guardate questa sala, ve ne potrete accorgere. Se voi uscite, andate nella stazione, andate negli ospedali, andate ovunque, vi rendete conto che non sono parole mie, ma sono quelli che, è la fotografia del Paese….”, e nella sua pagina Facebook, si trova anche scritto: “Non si può non dare una risposta ai 200 bambini qui oggi, ai 34 mila a Milano, al milione in tutta Italia che ancora oggi aspettano. Il meticciato è già una realtà, è una fotografia del Paese. Questo impone un cambiamento di una visione generale, è la base per costruire un Paese moderno e un’Italia migliore” (6).

Se il Ministro per l’Integrazione fosse veramente integrata e calata nella cultura italiana, saprebbe che l’aggettivo “meticcio” oltre che essere politicamente scorretto, lo si utilizza nel linguaggio comune per gli animali di razza bastarda, è anche antropologicamente errato, almeno nel contesto italiano. Infatti, se prima di lasciarsi andare a simili parole, avesse controllato in un qualsiasi dizionario, avrebbe imparato che “meticcio” significa: “Che ha il sangue misto in quanto nato da genitori di due popolazioni antropologicamente differenti, in particolare da un genitore bianco e da un altro ameridio. Sin: mezzosangue, le popolazioni M dell’America Latina.
In zootecnia, animale fecondo, nato dall’incrocio di due razze diverse della stessa specie Sin. Ibrido.  (7).

È strano perché il ministro, che appartiene al Pd, quindi di sinistra che più di sinistra non si può, dopo il SEL di Vendola, dovrebbe sapere che qualsiasi genitore, amante del politically correct (8) e costei prima di essere Ministra è madre di due figli, usando l’aggettivo “meticcio”, va contro “una linea di opinione e un atteggiamento che  sociale di estrema attenzione , soprattutto rifugge l’offesa verso determinate categorie di persone. Qualsiasi linea di condotta in deroga, più o meno aperta a tale utilizzo, appare per contro come politically scorrect” –fonte Wilipedia, rendendola non diversa, per l’uso di questo aggettivo politicamente scorretto ad un Erminio Boso, a Gentilini, solo che dalla pelle, per dirla come nei romanzi di Mark Twin, “negra”, portando a pensare che gli opposti alla fine siano identici, almeno nel linguaggi dispregiativo utilizzato.

Il che porta a pensare un’altra cosa, ossia quanto ci sia di congolese in Cecilie Kyenge, che la porta a utilizzare l’aggettivo meticcio in un modo così politicamente scorretto, oppure che secondo la cultura africana di provenienza, l’aggettivo meticcio, rientri nella normalità della loro cultura, facendomi tornare in mente le parole che anni fa mi disse un missionario comboniano che operava in Mozambico e che mi disse: «Sai, Marco. Per gli africani, gli uomini biancchi, per il colore  l’odore della pell, per loro noi assomigliamo e puzziamo come cadaveri…» e riflettei tra me: “Paese che vai, usanze e detti che trovi…”.

 Chiaramente si auspica che nel lessico italiano, seguendo l’esempio del Ministro per l’Integrazione, Cecilie Kyenge, l’aggettivo meticcio (9) torni ad essere comunemente utilizzato nel lessico di tutti i giorni, in tutte le sue declinazioni, soprattutto dalle giovani generazioni, essendo assurto al rango di aggettivo ministeriale.

Marco Bazzato
22.05.2013



lunedì 13 maggio 2013

L’insegnate espulso dall’Eritrea perché omosessuale


Quando ho letto l’articolo su Repubblica online, (1) le sensazioni all’inizio sono state contrapposte, tanto da pensare “maledetti negri razzisti e omofobi”: Ma se avessi espresso pubblicamente questo pensiero politicante scorretto, gli antirazzisti mi avrebbero attaccato, in un modo o in un altro, per aver usato il termine “maledetti”, accostato a quello di “negri”. Meglio evitare. In compenso forse potevo trovare sponda nella comunità omosessuale e nei loro fiancheggiatori, ma sarei stato poco oggettivo nell’analisi degli eventi raccontati dal quotidiano, dove del resto è assodato che l’errore, il peccato originale, la genesi della colpa non era dell’Eritrea, dei suoi cittadini e delle sue leggi, ma l’errore era dell’Italiano partito per l’ex colonia, forse come uno sprovveduto o con la vana speranza che gli africani non scoprissero quello che secondo la loro cultura era il suo sordido e depravato segreto.

E già, perché ci sta poco da incazzarsi e sentirsi offesi.

 La multiculturalità presuppone in primis il rispetto delle leggi, delle tradizioni della cultura e delle sensibilità non solo dei singoli cittadini di dove l’emigrante, anche  se a tempo determinato, si reca. Quindi il dovere primario è quello di sapere, conoscere e comprendere che certe tendenze, che sono imposte dall’alto in Italia, non necessariamente in tutti i Paesi africani debbano godere dello stesso range di tolleranza spacciata per diritti civili dei cittadini, o della stessa accettazione incondizionata che gli omosessuali godono in occidente, in quanto in Eritrea, l’omosessualità è punita e punibile con una pena detentiva che va dai tre ai dieci anni di prigione, ed evidentemente secondo la loro cultura e la loro storia è giusto che sia e che continui a essere così.

E visto che solitamente la comunità GBLT sono assai informate sulle diverse legalità esistenti, in molti potrebbero obiettare che fosse oggettivamente impossibile che il docente non avesse dato un’occhiata a “Diritti GBLT in Africa” su Wilkipedia, (2) dove ci stanno tanto di articoli del Codice Penale. (2).

Evidentemente il governo e le forze di sicurezza di Asmara, come dovrebbero fare tutti i Paesi civili, si è premunito di scavare nel passato del docente italiano, anche se questi, secondo quanto scrive il quotidiano La Repubblica, si è sempre comportato con correttezza e discrezione a riguardo il suo orientamento sessuale – e ci mancherebbe, costui è risultato “coniugato”  – ma le autorità hanno fatto quello che è giusto che facessero: raccogliere informazioni, per avere un quadro completo sulla persona, è un loro diritto/dovere.

E quando hanno scoperto che il docente era “sposato” in Spagna, sebbene se in Italia “l’unione” tra due persone dello stesso sesso a tutt’oggi,a  torto o ragione, dipende dai punti di vista, non abbia alcun valore giuridico, tanto è bastato per definirlo, in ottemperanza alle  della legge eritrea, “un individuo pericoloso e potenzialmente destabilizzante per l’ordine pubblico del Paese”, costringendolo alla clandestinità, in quanto ricercato e al rientro in patria.

Certamente le autorità consolari hanno fatto il loro dovere per tutelare l’incolumità del docente, ma non potevano e non dovevano interferire con i processi legali, legislativi e culturali dell’Eritrea, altrimenti si sarebbe configurata un’indebita ingerenza nelle leggi e nelle tradizioni secolari del Paese, che ogni nazione libera e indipendente ha il diritto di continuare a coltivare per il benessere, anche psicofisico, della propria cittadinanza.

Alla luce di tutto ciò è chiaro che in Eritrea, considerato a torto o a ragione, visti tutti i problemi che il Paese ha, come Paese del terzo mondo, almeno per quanto riguarda l’immigrazione momentanea per motivi di lavoro, o anche per turismo, cerca per quanto possibile, di non farsi contaminare da quello che secondo la loro cultura è un comportamento destabilizzante sia per i singoli che per la società e, come ha giustamente fatto presente l’Ambasciatore eritreo, convocato immotivatamente alla Farnesina, che, stando a La Repubblica, avrebbe dichiarato che“qualsiasi straniero presente sul suo territorio ha l’obbligo di rispettare gli usi ed i costumi locali, e a maggior ragione, le disposizioni di legge, e che in Eritrea i rapporti omosessuali sono reati”, quindi è giocoforza dedurre che in Eritrea, come in Italia, come dicevano i latini: “Ignorantia legis non excusant” , “La legge non ammette ignoranza”.

Forse l’italiano pensava che visto che si recava in uno dei Paesi più poveri, grazie anche e non solo alla follie imperiali italiane di Mussolini, che gli eritrei si passassero le informazioni come diceva Tarzan: “Tramite il tam tam della giungla!” e che l’unico etere che gli etiopi conoscessero fosse quello dell’aria, da liana a liana.

Comunque, nel loro piccolo, gli eritrei hanno saputo dimostrare al mondo che quando vogliono la legge funziona e che non si fa soggiogare dall’uomo bianco, in casa propria. Speriamo che per il continente africano questa legalità segni una demarcazione tra la Vecchia Era e l’inizio di una Nuova Era, esattamente che come vogliono gli italiani con gli immigrati che commettono o sono portatori di atti contrari alla legge, ossia sentirsi padroni in casa propria.

La cosa interessante è che nell’articolo manco si usa mai il termine, abusato e inesistente a livello giuridico e psichiatrico, tanto caro ai gay, come simbolo di violenza verbale e psicologica nei confronti di chi gli è avverso, ossia omofobia, termine inventato di mala pianta nel 1985.  Evidentemente innanzi alla saggezza della legge etiope, e nel rispetto delle relazioni internazionali, forse hanno capito che è un termine logoro, ripetitivo noioso non solo da ascoltare, ma soprattutto da pronunciare.



Marco Bazzato
13.05.2013



Chi è la più “Vulva” dei cartoni animati giapponesi?






Era un po’ che la cosa mi ronzava in testa, ossia cercare di trovare, a mio modesto avviso, l’eroina dei cartoni animati giapponesi degli anni ’70 e ‘80 che risultasse la più vulva del creato animato nipponico.

Certo, passarli in rassegna tutti sarebbe stata un’impresa titanica, anche perché le serie passate in tv sono state più di qualche decina e non le ricordo tutte, oppure non tutte sono presenti, almeno con qualche video su You Tube e quindi i lettori non me ne vogliano, per le dimenticanze.

Comunque le prime analizzate sono state le creazioni di Go Nagai, con in prima fila, quasi a pari merito, Mazinga Z, Il Grande Mazinga, Atlas Ufo Robot, passando attraverso  Jegg,, Gacken , Gaiking, e Space Robot e Daikengo.

Non per questo si può dimenticare il Daitarn 3, Baldios, Danguard, Trider G7, oppure Tekkaman, Kiashian, Gundam, Ken Falco, Gordian, Starzinger, Gattiger, l’Uomo Tigre II, e Calendarman ,Lamù Ramna ½, Lupin III e Star Blazers, Hurricane Polimar e Daltanius.

Di tutte queste serie, molte erano le eroine, comprimarie, che viste con l’occhio adulto di oggi, rappresentano il non plus ultra della maialaggine e che forse hanno animato le fantasie onaniste degli adolescenti di allora e di persone e oggi come me, quasi vecchi puzzoni rincoglioniti.

Molte di queste però possono essere scartate a priori. Prime tra tutte Saika, di Mazinga z, l’isterica adolescente che oltre a farsi distruggere il robottone, altro non riusciva a combinare. Miwa di Jegg, anche se dotata di tette procaci e con il professor Dairi che si immaginava la topa la attraverso gli slip – annaspando tra bave e tre atroci dilemmi: che sia depilata? E cosa usa quando ha le sue cose: assorbenti interni o esterni? – quando collegava con la Base Antiatomica, ha l’espressone e i lineamenti troppo seri,quasi una specie di maestrina dalla penna rossa da libro cuore di De Amicis.

Non vanno tenute in considerazione né Venusia e né Maria Fleed, la sorella di Actars. Venusia, eternamente isterica, sembrava costantemente in preda ad ovulazioni orgasmiche, mentre Maria, essendo un maschiaccio, appariva più come una lesbica che si fingeva innamorata di Alcor – Kojj Kabuto, anche se questi ha sempre avuto l’idea di inzuppare il biscotto in Saiaka.

Su Danguard ci sarebbe stata Nova, ma il pel di carota, e l’acconciatura le stanno malissimo. Per Daitarn III, Reika e Beauty sono sì due bei pezzi di bernarda, entrambe portatrici di un davanzale non da poca cosa, ma la bionda è isterica quasi come Venusia e la mora seria è come la Elsa Fornero degli ultimi trent’anni del millennio passato.

 Luna di Kiashian,, mi è sempre stata antipatica con quelle due ciocche di capelli che arrivavano quasi al culo, mentre Hiromi, di Hurrricane Polimar, ha le labbra troppo carnose che la fanno assomigliare ad un Alba Pairetti, bionda al posto delle tette sembra che abbia due pere marce.

Sakura, di Ken Falco, Lamù di Lamù, Akane di Ramna ½, Sanae di Daltanius, Midori di Gaiking, Cleo di Daikengo, essendo minorenni nelle anime, non vengono tenute in considerazione, per il rispetto che è dovuto alla loro età. Ma Cleo, anche se minorenne merita una menzione particolare per l’acconciatura, che la fa sembrare una ninfetta bionda, tenuta a bada da qualche pappone a forza di eroina.

Sul Gundam, Trider GT 7, Star Blazers, le femmine erano delle autentiche “ciospe”, esclusa Nova di Star Blazers e le aliene, ma visto che qui si parla solo di terrestri, un po’ di sano razzismo intergalattico, anche se alcune sono gnocche,  visti i tempi di picconate alle sicurezze degli italiani autoctoni, e in questo caso ai terrestri il Jus Soli va applicato con estrema severità e rigore legale.

Ma non va dimenticata, tra le ultime nell’ordine delle quasi passabili, Midori de L’uomo tigre II e la Principessa Domenica di Calendarman, passabili, volubili come l’andamento sinusoidale della corrente alternata.

Un discorso a parte potrebbe riguardare Fujiko/Margot di Lupin III, sì ben popputa e con tutta la carrozzeria in ottimo stato di conservazione, ma ha sempre dato l’impressione d’essere una delle tante “figlie di Maria, che sono le prime a darla via”, lasciando sovente il Lupin III arrapato come un molosso, con la fava che gli arrivava, senza flettersi di un grado, sino a Marte.

Ora dovrei essere alla fine e quindi si possono nominare le finaliste. Se dovessi averne saltate qualcuna, beh, o la memoria mi è andata momentaneamente in ferie, oppure erano così brutte che i neuroni si sono rifiutati, per evitare sindromi da stress post traumatici, di farsi eccitare, visto il disgusto che potevano causarmi. Comunque rimangono in ballo: la dottoressa Queennstain di Baldios, Koros di Daitarn III, una terrestre emigrata, non si sa se clandestinamente su marte e uccisa da Aran Banjio e Jun Hono de Il Grande Mazinga.

Diciamocelo:la Queennstain di Baldios, anche se stagionata, farebbe la sua porca figura in qualsiasi harem sbaragliando, per esperienza troionesca, qualsiasi ninfetta strafatta di coca, pur di farsi coraggio – ha sempre segretamente voluto farsi sbattere da Marin. Costei meriterebbe a pieno il titolo di donna Cougar – memorabile la scena della Quinstain mentre si fa la doccia, dove forse nella sua mente perversa si stava immaginando un’ipotetica copulata con Marin, il terrestre proveniente da un’altra dimensione.

E poi, in cima alla lista, per prima, ci sta senza ombra di dubbio Jun Hono, la giovane mulatta, nippo-africana, adottata da Kenzo Kabuto, assieme a Tetsuja Tsurugi, la prima per pilotare il robot Venus, dalle tette e dai capezzoli micidiali – anche se in molti f si sono sempre chiesti: ma dove cazzo li tiene tutti i missili popputi, che sembrano zizze quasi di settima misura? – e il secondo,  Tetsuja Tsurugi, per pilotare Il Grande Mazinga.

Non possiamo nascondercelo: Jun, a differenza di Cecilie Kyenge, è una gnocca transazionale a tutti gli effetti.

Jun ,ha due mammelllle antigravitazionali, dove si presume che i capezzoli puntino in avanti, senza paura e senza complessi di inferiorità e poi, maremma bucaiola, il culo a mandolino, dove il vedi/ non vedi  era lasciato all’immaginazione  grazie alla minigonna, dove ogni tanto gli sceneggiatori, grazie alla magia depravata dei disegnatori, hanno fatto intravvedere gli slip bianchi – con le solita ciclopica domande degli “smanettoni”: depilata o non depilata? Quando le arrivava il “marchese”, assorbente interno od esterno? – d che si abbinavano alla perfezione con le cosce di color ebano, tornite alla perfezione, probabilmente prive di smagliature e di antiestetiche bucce di arancia.

Oltre all’aspetto estetico, non va dimenticata la voce italiana: il tono basso e soffuso,teneramente dolce ma deciso,  fa apparire Jun come portatrice sana della sindrome da eccitazione sessuale permanente, sia quando favella normalmente, ma soprattutto quando gridava: “Regina delle stelle, Via”, “Venus, fuori!”,Agganciamento!” , “missili digitali”, “Venus salto”, fino al giungere delle due missilistiche tette sul volto del fortunato succhiatore dei capezzoli ricolmi di latte delle gigantesche mammellllle esplosive!

Insomma, la vera Regina delle Stelle, la donna non più ragazza, ma non certo vetusta e necessariamente troppo usurata negli organi genitali e nelle zone erogene, potrebbe essere, se non si è razzisti, proprio Jun, non per piaggeria politica verso una meticcia, un ibrido creato dalla fantasia di Go Nagai, ma perché potrebbe rappresentare l’ideale di donna che se le danzi troppo sopra le ovaie, ti spara due tette in faccia, facendoti saltare in aria, lasciandoti sbudellatamente morto a terra. Quindi credo che ormai si possa dire, oltre ogni ragionevole dubbio che è lei la grande Vulva dei cartoni animati giapponesi degli anni ’70 e ’80!

Marco Bazzato
13.05.2013

domenica 12 maggio 2013

Festa della Mamma – Mater Tenebrarum


Non c’è modo migliore che iniziare con la prima strofa di Mater Tenerbrarum dei Necrodeath:

“Libro infernale simbolo di blasfemia e paura
Svela il segno impolverato di morte
Le madri si uniscono come una forma del male stesso
 respirando oscurità e lacrime
Mater Tenebrarum”

Infatti  per una esigua minoranza degli italiani, ma non solo, sono occupati nella fantomatica Festa della mamma, perchè per costoro, costei non è altro che un antro ventriforme che ha espulso un foruncolo dall’utero, per poi essere costrette a svezzarlo, infilandogli prima quasi tutta la mammella rigonfia di latte in gola, facendolo poi ruttare e vomitare per mesi, tenendolo tra lo sporco dei culi impiastricciati di piscio feci, col pannolino puzzolente, non cambiato da giorni.

Festa della mamma, specchio infausto di contati padri, (1), unitesi carnalmente a dei figli di Elena, inoculate tramite membro infetto di un patrimonio genetico, materno e paterno, arretrante la specie, che tramanderanno ai loro discendenti la continuazione del peccato originale.

Il mondo è appestato da una parte di figlie di Eva, mitica primadonna dell’Eden che si sollazzò le cavità col turgido serpente tentatore, che con la sua lingua biforcuta carezzava gli antri ovarici, facendola colare di vischioso piacere, che come una colla l’attaccava al terreno infuocato dell’Inferno.

Festa della mammaMater Tenebrarum è la festa di una parte del lato oscuro del cielo, della Luna, della freddezza fecondamente infeconda di amore del cosmo. Festa della mammaMater Tenebrarum è un inno malato all’oscurità, a quel cordone ombelicale che non doveva dare discendenza da nonna a madre a figlia, in quanto radici tronco  fronde  del Giardino dei fiori del Male, in quanto, quando  un sangue nero femminile si unisce con il sangue nero maschile, a questi dovrebbe essere vietata la progenie, dovrebbero essere deprivati dalla capacità di provare orgasmico piacere e sterilizzati, per non spargere nell’universo semi fecondanti ovuli, creanti gameti avvelenati.

Ma a tutte le vere madri, madri di ieri, madri di oggi e di domani, a quelle donne che dal concepimento fino alla morte, sanno essere madri presenti, madri vive nel cuore e nella capacità di dare amore, a quelle donne che hanno in se lo spirito sacrificale di Maria, donna tra le donne, madre tra le madri, a costoro ove vive lo spirito e l’anima di verità, giustizia, tenacia e forza, a costoro, principesse e regine della Creazione, Signore biancovestite di luce, che sanno andare oltre l’interesse materiale, non essendo gravate dall’eterno peso sotto le braccia, figlie di un pensiero scansafatiche nemiche, avversarie e nemesi della loro stessa progenie, a queste vere donne, madri e mamme, va il più caro e dolce degli auguri, il più profondo rispetto per quello che fin dall’inizio della loro esistenza, fino alla vetusta età sono state: donne che con il loro ventre rigonfio e con i loro sforzi e sacrifici, quotidiani, giorno dopo giorno, hanno saputo dare esempi e non vuote parole, con fatti, e non arrampicandosi sugli specchi delle banali giustificazioni, che dalla madre e dal padre si prendono le cose belle, fingendo che i lati negativi i pesi morti, le menzogne, e malsana compagnia bella non siano mai esistiti e che vadano rimossi dalla mente dei figli, per il buon nome della famiglia.

A tutte le vere mamme-donne, a tutte le vere donne-mamme: auguri di tutto cuore, perché siete il ventre fecondo preposto alla continuazione del mondo e della vita.


Marco Bazzato
12.05.2013



venerdì 10 maggio 2013

Cecilie Kyenge rende patriottici gli italiani, figli del Jus sanguis


Premesso che gli italiani Jus sanguis (1), nati in Italia, civili non si lordano le mani, la bocca e le dita, esprimendosi a insulti, anche nei confronti di un ex extracomunitaria, ex clandestina,  e non si capisce perché al tempo non siano stati incriminanti coloro che l’anno aiutata durante la clandestinità e ora si pensa di essere, anche se a rigor di legge lo è, avendo sì il passaporto, ma non né la paternità e le maternità italiana,conseguito a seguito degli sponsali con un italiano, vorrebbe, non solo la cancellazione del reato di immigrazione clandestina, - vedi  “Cecilie Kyenge e il “razzismo” ministeriale?” (2), ma anche il passaggio dal  ius sanguis, al Jus soli (3), attualmente applicato in solo 30 Stati in tutto il terzo pianta del Sistema Solare e allo stato attuale si presume anche in tutta la Via Lattea, all’interno dei suoi quattro quadranti galattici, Alfa, Beta, Gamma e Delta – Vedi Universo Star Trek –  che stando alle conoscenze acquisite ante Zefram Cochrane sembrava priva di qualsiasi forma di vita umanoide, nel 2063, anno del “Primo Contatto!

Ora non si sa o a cosa mirasse Cecilie Kyenge.

Se voleva spaccare il Paese, grazie alle dichiarazioni rilasciate a ½ ora di Lucia Annunziata, non ci è riuscita, in quanto le fronde degli autoctoni, ossia gli italiani figli del principio del Jus sanguis, pur con toni e accenti diversi, a partire dai vertici del suo stesso partito, il Pd, l’hanno demolita e quasi sconfessata pubblicamente. Senza dimenticare la cosa più importante: la levata di scudi di quella società civile, che nelle sue visoni “mistiche” credeva di rappresentare, mentre è stata quella stessa società civile a non sentirsi rappresentata da Cecilie Kyenge.   Se si volesse tirare la cosa per i capelli, se ci fosse un magistrato con gli attributi, forse potrebbe aprire un fascicolo investigando se nelle sue dichiarazioni possano sussistere gli estremi del  reato di istigazione all’odio razziale cercato nei suoi confronti, per passare come vittima degli uomini bianchi che non rispettano le minoranze. Come diceva il fu  Giulio Andreotti: “Pensare male è peccato, ma sicuramente non si sbaglia”.

Ma sembra che a dare spalla alla Cecilie Kyenge ci sia anche la mondialista e Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, in quota Sinistra e Libertà, una fazione radicale del Partito Comunista Italiano (P:C:I) – comunismo all’amatriciana –  che sembrerebbe concordare con le posizioni estremistiche della Kyenge, il Ministro per l’Integrazione, dove  a questo punto molti potrebbero pensare che invece di essere il Ministero per l’Integrazione, nella mente di qualcuno desidererebbe che fosse il Ministero dell’Invasione, portando taluni a fare degli accostamenti sicuramente impropri con Anna , della serie Tv, Visitors -2009-2011 e  il suo mantra: “Veniamo in Pace”, anche se la  Cecilie Kyenge, a detta di tanti potrebbe assomigliare come tempra e carattere al Segretario di Stato del secondo governo di George W. Bush,  Condolezza Rice

Ma proviamo a immaginare cosa accadrebbe all’Italia se si passasse dal  Jus sanguis, al  Jus soli:  La nazione e gli italiani, ossia quel che resta degli autoctoni da generazioni, potrebbe venire  spazzata via nel volgere di pochi decenni nel  suo tessuto sociale e antropologico.

 In primis potrebbero iniziare gli sbarchi o voli charter a iosa, muniti di regolari visti turistici, di carrettate di donne europee ed extraeuropee all’ottavo e/o nono mese di gravidanza, attratte dall’idea di far nascere il pupo nel suolo italiano, per via della cittadinanza. Poi, le solite ONG, le ONLUS, finanziate dallo Stato italiano, con il denaro dei contribuenti italiani, metterebbero a disposizione i loro “volontari”, per le pratiche di ricongiungimento familiare, quindi marito e cucciolata di figli al seguito, avendo così il diritto, una volta che avessero tutti documenti in ordine di attraversare tutti confini dell’Unione Europea.

Il razzismo è un comportamento abietto da parte di esseri spregevoli che fanno della discriminazione, causa ignoranza intellettuale la loro bieca bandiera, da combattere in ogni sede e in ogni luogo. Ma la stessa battaglia però va combattuta a livello politico, morale ed intellettuale contro tutte quelle persone o soggetti politi che intendono destabilizzare, tramite invasione scientifica legalizzata, il tessuto sociale storico, sociale, culturale e antropologico italiano, che è già sufficientemente variegato ed eterogeneo, se si prendono in considerazione le differenze somatiche esistenti tra i nativi italiani, secondo il modello del  Jus sanguis.

 Forse l’Italia e gli italiani autoctoni, ma dovrebbe essere la politica e la vera società civile a chiederlo scendendo in piazza, manifestando  pacificamente le proprie idee, senza insulti, offese, improperi, chiedere come si fa con i vini e alimenti il DOP (4) o il DOC (5), il tutto con l’avallo dell’Unione Europea, tenendo conto dell’essere caucasico all’interno dei Paesi dell’Unione, fermo restando i diritti acquisiti.

Sfortunatamente un’esigua minoranza di italiani, a cui il cervello per ottusità è nato atrofizzato, questa settima si sono lasciati andare pubblicamente, non solo sulla rete,vedi Facebook e altri Social Network, ma anche nel mondo “tridimensionale” e reale, ad impropri, insulti, offese, minacce, puntualmente registrate dai media, facendo il gioco delle nemesi politiche, offrendo la  sponda per poter forse dire che quelle poche migliaia di idioti non rappresentavano la società civile, perché la vera società civile, a detta di alcuni, deve essere quella che tace e subisce a prescindere e  acriticamente incassa ogni genere nequizia politica, illudendosi che poi il conto finale venga pagato dagli altri.

Ma la vera società civile, ossia la massa silenziosa e lavoratrice ha il diritto/dovere di alzare la schiena e gonfiarsi il petto, forti della propria storia, delle proprie origini e senza cedere agli attacchi mondialisti, facendo sentire con un'unica voce il proprio no, senza se e senza ma, perché certi soggetti politici, dall’altro dei loro scranni, non capiscono o peggio ancora, fingono di non capire le conseguenze a cascata che le loro parole dette a ruota libera, potrebbero avere, se attuate a livello legislativo, non solo per gli equilibri interni italiani, ma per l’intera Unione Europea, in quanto per via dell’acquisizione della cittadinanza italiana di centinaia di migliaia di neonati, e il relativo ricongiungimento famigliare, potrebbe partire una transumanza umana dilagante in tutta l’Unione Europea, tale da destabilizzare culturalmente l’intero continente.

Gli statunitensi per secoli, ma esistono tutt’ora, hanno avuto gli W.A.S.P., White Anglo-Saxon Protestant (6). Forse non sarebbe sbagliato, se partendo dall’Italia, tramite ONG o ONLUS, all’interno della Nazione europea, si fondasse in un futuro immediato, come movimento civilmente lobbistico transnazionale gli W.E.C.., White Europepean Christian?


Marco Bazzato
10.05.2013

martedì 7 maggio 2013

Cecilie Kyenge e il “razzisimo” ministeriale?



È strano, ma ha fatto molto parlare la nomina di Cecilie Kyenge, arrivata in Italia come immigrata extracomunitaria clandestina, divenuta italiana per matrimonio con un italiano – cittadinanza che si può acquisire, secondo la legge, dopo sei mesi dalla firma del contratto matrimoniale, se residente stabilmente in Italia, oggi ministro per l’integrazione. (1), del primo governo di Enrico Letta, nipote di Gianni Letta, consigliere personale di Berlusconi.

Fino a questo momento né i suoi colleghi ministri hanno brillato per averla integrata nel gruppo ministeriale, lo si è visto il pomeriggio del giuramento dei neoministri, quando una volta appresa la notizia della sparatoria avvenuta a Piazza Colonna, che ha portato al ferimento di due carabinieri, a causa del tentato suicidio, fallito dello sparatore (2), quando costei, in un servizio mandato in onda la sera successiva su Rai 3, in seconda serata, una specie di dietro le quinte del giuramento, per alcuni secondi, mentre tutti i ministri bianchi confabulavano tra di loro, preoccupati per la loro sorte,  Cecilie Kyenge  si aggirava spaesata, abbandonata dentro l’immenso salone, non sapendo ne cosa fare nè a chi avvicinarsi, visto che nessuno aveva la compiacenza di renderla partecipe, come se fosse o perché per loro era un corpo estraneo.

Lo stesso dicasi, va bene che il suo è un ministerucolo senza portafogli, prima presieduto da Andrea Riccardi,  quando durante la prima seduta del Parlamento, costei appariva a margine della fila di destra, con il suo collega che quasi cercava di starli distante, per quanto possibile.

La cosa si è ripetuta durante la prima conferenza stampa Cecilie Kyenge, in qualità di neoministro, con costei al centro del tavolo e una seconda persona, seduta alla sua sinistra, ad una distanza che si può definire abissale, dove non ha certo brillato, quando si definita, erroneamente, italo-congolese, come se di nascita fosse italiana, ma che a causa di uno scherzo del destino, fosse emigrata clandestinamente in Congo, acquisendo il passaporto di quel Paese. Mentre la realtà è ben diversa, in quanto, per rispetto nei confronti del Paese che le ha dato i natali (il Congo) e in ossequio alla legge italiana che le ha dato il passaporto, causa sponsale con un autoctono dello Stivale, la definizione corretta, anche se suona stonata, peggio di una corda di violino, è congolo-italiana, dimostrando di non brillare per logica consequenzialità dei suoi trascorsi personali.

Ma la vera esondazione, lo tsunami contro le legalità l’ha causato nella puntata di domenica  05.05.2013 ,di  ½ ora, lo show giornalistico condotto da Lucia Annunziata su Rai 3 (3), e con il quotidiano Libero, che scrive, virgolettando:
Il reato di immigrazione clandestina va abrogato” e prosegue: “è difficile dire se ci riuscirò. Per approvare la legge bisogna lavorare sul buon senso e sul dialogo, trovare persone sensibili. È la società che lo chiede, il Paese sta cambiando. Bisogna lavorare per trovare i numeri necessari…”
Innanzitutto questa ex immigrata clandestina con passaporto italiano, con questa sua frase ha insultato centinaia di migliaia di immigrati regolari, che hanno fatto le trafila burocratica, perché persone oneste, seguendo fin da subito le leggi  italiane, cosa che invece costei ha appiccicato addosso come peccato originale, al pari di moltissimi altri, non ha voluto osservare. E ora, in nome della sua storia personale, cosa che capirebbe anche un ragazzino al primo anno della facoltà di psicologia, capirebbe che sta proiettando il suo vissuto da clandestina e che non potendo tornare indietro, vorrebbe che gli altri, non che rispettassero la legalità, ma che la legalità abbassasse le sue difese e suoi anticorpi, a favore di un’ immigrazione incontrollata e impossibile da sostenere, soprattutto in questo periodo non solo di vacche magre dalle mammelle avvizzite e prive di latte, divenute vacche morte!

Cecilie Kyenge racconta che proviene da una famiglia dove il padre era poligamo e che ha trentasette fratelli. Ma non è che questo potrebbe essere il sistema, quello di voler cambiare la legge, per scopi personali e per favorire anche qualche membro della famiglia per alleggerire la trafila, che ora non potrebbe arrivare in Italia, se non da clandestino? O che un domani, seguendo la tradizione di suo padre, questa, in nome del dicastero che dirige, non voglia proporre, per rispettare i suoi natali congolesi, la poligamia?

Non sarebbe la prima volta, i politici italiani bianchi italiani, sono famosi per essere tutti poltrone e famiglia e che in un modo o in un altro, riescono sempre a sistemare la progenie e parenti, antenati e discendenti, fino al ventesimo grado, creando una ragnatela di interessi e favoritismi che fa si che sia è quasi impossibile schiodarli, anche con l’ausilio della Magistratura?

Senza dimenticare che la ministra, brava a citare a suo avviso l’improprio recepimento di una circolare europea, dimentica che prima della circolare esiste il Trattato di Lisbona, ratificato in modo carbonaro anche dall’Italia che Capo 2, articolo 77, ex art. 662 del TCE, - c) instaurare progressivamente un sistema integrato di gestione delle frontiere esterne, Ai fini del paragrafo 1, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano le misure riguardanti:  a) la politica comune dei visti e di altri titoli di soggiorno di breve durata; b) i controlli ai quali sono sottoposte le persone che attraversano le frontiere esterne.
Mentre Articolo 79 (ex articolo 63, punti 3 e 4, del TCE), stabilisce quanto segue: c) immigrazione clandestina e soggiorno irregolare, compresi l'allontanamento e il rimpatrio delle persone in soggiorno irregolare.

La neo ministra, come tutti i ministri della Repubblica italiana, dovrebbe conoscere, non solo la Costituzione italiana, ma anche il Trattato di Lisbona,  in tutte le sue 479 pagine e ,  visto che ai cittadini comuni viene ripetuto fino alla nausea che la legge non ammette ignoranza, per evitare svarioni, che non vanno solo contro l’Italia e gli italiani, ma che certe frasi e certe volontà politiche avverse alla logica degli autoctoni italiani ed europei, rischiano di trasformare l’Italia e non solo, facendola ripiombare nel periodo buio immediatamente successivo al crollo del’Impero romano di Occidente, quando una volta indeboliti i confini dell’Impero, anche e soprattutto a causa dei matrimoni misti tra romani e barbare, i primi si rammollirono, dimenticando i loro doveri verso Roma, divenendo tra le prime cause delle future invasioni barbariche.

Con tutto il rispetto, sembra che questa ex clandestina con passaporto italiano da diciannove anni, ma congolese di nascita da 49, sottostimi, per inesperienza le conseguenze politiche e sociali di certe sue volontà personali, sotto il profilo italiano, che sotto quello europeo, dimenticando, da “italiana” la storia della caduta dell’Impero Romano d’occidente e la discesa negli anni bui del medioevo.

All’inizio si credeva che si potesse pensare che ci fosse una forma di razzismo nei confronti della neo ministra, da parte dei colleghi appartenenti alla compagine dell’armata Brancaleone di un esecutivo dedito all’orgia politica diretta continuazione dell’ordalia del precedente governo, capitanato da Mario monti. Ma ora, molti possono credere, e si presume a ragione, che quel distacco “fisico” fosse dovuto non tanto verso un’avversione nei confronti del suo essere nera, non le piace il termine di colore, perché orgogliosa –  da orgoglio:  Esagerata valutazione dei propri meriti e qualità per cui ci si considera superiori agli altri in tutto e per tutto – del colore della sua pelle, intriso di melanina, ma che in molti conoscendo le sue idee radicali, sapevano che la decisione di candidarla e farla ministro, era stata messa in essere per far presa sull’elettorato della sinistra estrema o extraparlamentare, per calcolo elettoralistico e non, forse, per reale interesse, né nei confronti della sua storia personale, delle sue competenze.  Infatti, già alla sua prima intervista si è visto che è riuscita a inimicarsi il 95% di tutta l’Italia autoctona, in quanto un passaporto diverso dal Paese ove si è nati non necessariamente significa essere nello spirito, nella mente e nel corpo, cittadini pieni di quella nazione di dove acquisisce il nuovo passaporto. E costei, con la “febbre del sangue”, che non è la Dengue, la richiama alla sua essenza di nata nel continente africano, in Congo, ora ex clandestina ora regolarizzata tramite matrimonio, non ha fatto altro che dimostrare quali sono le vere sue priorità personali nei confronti dei suoi connazionali, africani e non dolo, ossia tutti gli extracomunitari che vogliono arrivare sullo Stivale: porte aperte, assistenzialismo totale, a carico degli autoctoni italiani, e soprattutto nessun controllo doganale al momento dell’ingresso in Europa.

Se si informasse su come sono leggi australiane sull’immigrazione, la ministra si renderebbe conto di quanto quelle italiane sono morbide, flaccide, bucherellate come quelle di una rete di un peschereccio abusivo, comprendendo che il Paese di cui ha il passaporto ha bisogno di legalità e non di deregolamentazione, a favore dell’anarchia indiscriminata e bene ha fatto il nipote di Gianni Letta, il Primo Ministro, Enrico Letta, a prendere le distanze da queste incaute dichiarazioni, che se attuate, porterebbero alla destabilizzazione sociale dell’intera Unione Europea.

Marco Bazzato
07.05.2013


Feminnicidio: basta, non se ne può più!


Premesso che a un maschio che mena una donna, andrebbero come minimo tagliate le mani con una motosega da legno e lasciato morire agonizzante senza manco uno straccio di aiuto medico. 
Questo per chi le mena.

Per chi le ammazza, le trucida, le sbudella, facendosi antiestetiche collane o sciarpe fatte di intestini, le scotenna, le scanna come una porca, le smartella il cranio, fino a far schizzare la materia celebrale sui muri, la soluzione migliore, più saggia, più onorevole per il colpevole, sarebbe lo squartamento nella pubblica piazza, come si faceva in passato, quando il sentimento popolar non si fermava alla banale indignazione via Facebook, ma passava alle vie di fatto, grazie alla legge, armata di mannaia o di carri che tiravano gli arti del condannato verso levante e verso ponente, consentendo così anche ai minori di imparare qualcosa sull’anatomia umana, quando i frammenti di interiora cadevano sulla strada impolverata e lorda a causa degli escrementi rilasciati allegramente dagli animali da soma o dai cavalli dei cavalieri. Altri tempi e altra civiltà.

Il problema è, secondo la politica e i media, che si ammazzerebbero troppe femmine, e quindi la soluzione populistica e demagogica della “stalinista” presidentessa della Camera, Laura Boldrini, sarebbe la talebanizzazione in salsa italiana, che manda, come dice Salvo Montalbano, a “Patrasso” decenni di lotta per l’emancipazione della femmina, decenni di autogestione dell’utero da parte delle dirette interessate, perché a dire di costei, la mercificazione del corpo femminile, favorirebbe i bassi istinti “pinciatori” e assassini dei maschi.
Bubbole.

L’idea della Boldrini di proibire la mercificazione del corpo delle donne da parte delle dirette interessate, suona un po’ come se in India, a causa di una legge liberticida, si volessero ammazzare, trasformandole in costate, tutte le vacche del subcontinente, bestie considerate sacre dagli induisti.

Prima di andare a sfrittelare gli apparati riproduttivi maschili e femminili con idee balzane, perché invece di fare demagogia da bar sport, gli apparati politici e legislativi della Repubblica non legalizzano la mignottaggine, facendo pagare le tasse alle puttane che battono per strada, che fanno le “escort” – sempre puttane sono – inginocchiate a un centimetro dalla testa della fava  lucidata a colpi di lingua ai  potenti, pensando a rimpinguare le casse asfittiche, colme di vuoto pneumatico, dove il dolore non è dissimili da quello di un povero cristo che cerca di evacuare, ma a causa della forte peristalsi, fa uscire dal retto la famiglia Emorroidi, composta da padre, madre e figlio bastardo, tutti insanguinati e puzzolenti?

Ma sono veramente così atroci e da emergenza nazionale le cifre dei femminicidi? 

Boh, dipende da che punto di vista vengono letti i numeri. Chiaramente il dolore che lascia a “sopravvissuti”, specie ai genitori, fratelli, sorelle e figli, lascia costoro sconvolti a affranti. Rapportando però le 124 morti a livello nazionale, su circa 30 milioni di donne, la cifra, letta da questa prospettiva è ininfluente o se ha una valenza statistica, questa ha valenza omeopatica, rispetto al corpo femminile della nazione e il che può essere vista come la semplice perdita di tessuto epiteliale, per esigenze fisiologiche dell’organismo, inscritte dentro lo stesso codice genetico umano.

L’idea di talebanizzare l’Italia, ossia non vedere più i corpi di professioniste, che a differenza della puttane, pagano le tasse circa i cachet che ricevono per i servizi fotografici e il loro relativo sfruttamento di immagine, oltre che a puzzare da fronda catto-comunista in salsa afgana, è un  attacco untuoso e bisunto al diritto di autodeterminazione della donna, oltre che una sottrazione illegittima al diritto a lustrasi gli occhi, da parte dei maschi, grazie all’immaginazione di vulve seminascoste da abiti quasi invisibili, mammellllle da latte, stile vacca Milka, che sfidano al forza di gravità e le leggi della gravitazione universale, che oggi se Newton fosse vivo, rimarrebbe cieco alla vista dei cartelloni e degli spot pubblicitari, a forza di masturbarsi, fecondando i quattro angoli del mondo, a forza di spargere il proprio seme.

Quello che fa ridere della classe politica gaglioffa presente e passata, è che dal 2001, anche gli italiani si sono smerdati nel pantano afgano, grazie a Bush, esattamente come accadde ai sovietici, dove uno dei tanti pretesti era di cercare di educare i maschi musulmani e non trattare le donne come una loro proprietà, ma civilizzandoli al rispetto, come se l’Italia fosse, per quelle 124 disgraziate del 2012, solo delle banali caprette, date in olocausto da qualche sacerdote che non sapeva che i sacrifici umani erano stati aboliti, causa civiltà, vittime, ossia danni collaterali, causati da errori di valutazione dell’attimo e della forza inferta durante lo spappolamento di crani, copri e ossa.
  Insomma, gli italiani vanno a civilizzare gli afgani, mentre in patria, secondo la visione attraverso il buco della serratura, avviene una vera e propria mattanza.   Il che porta a pensare che la politica faccia le valutazioni de gli stronzi che si meravigliano della puzza di merda.

Ma leggendo le cifre in un altro modo, ci si accorge che le donne italiane e le politiche nostrane, starnazzano troppo e razzolano in una aia che non è coperta di escrementi di gallinacei, come si vorrebbe far credere(1).

Alla fine, le donne italiane sono al secondo posto nella classifica della sicurezza europea, al pari dei Paesi scandinavi, mentre al primo posto, ci sta la Grecia. Ergo il presunto fenomeno del femminicidio è amplificato dai media, che tendono a creare un falso problema di ordine pubblico, quando fuori da confini del Bel Paese, la mattanza, anche in rapporto alla popolazione e all’estensione del territorio, è molto più ampia e forse, suscita minor allarmismo sociale, in quanto in alcuni Paesi, soprattutto dell’Europa occidentale, certi tipi di morti, possono essere considerate “fisiologiche”.

Come si può leggere più approfonditamente nella nota 1, in Italia, si sta assistendo a forme di terrorismo psicologico da parte dei media e della classe politica, ove quest’ultima sta strumentalizzando un aspetto fisiologico della natura umana, dando via pseudo crociate morali,  da parte di esponenti politici che si rifanno ad una moralizzazione invertita pervertita, in antitesi con i dettami dell’ortodossia originaria, e che per decenni ha frammentato, grazie alla propaganda, il tessuto morale e sociale dell’Italia, uniformandola alla cloaca dell’Europa occidentale.

Oggi l’Italia non ha bisogno di queste pseudo campionesse di moralità, che vorrebbero imporre il velo integrale alla donna, per evitare che i maschi diventino aggressivi, o peggio assassini.  E Questo dimostra che questo tipo di classe politica di sinistra soprattutto, che come non capiva un cazzo trent’anni fa, oggi nemmeno oggi capisce una beata minchia, perché non è la donna che deve smettere di mercificare e vendere pubblicamente il proprio corpo per campagne pubblicitarie e non, più o meno discinte, ma è il maschio che deve sapere quale è il limite e accontentarsi delle pugnette quando la proprietaria della vulva, anche se moglie o compagna, decide di mandarlo a fare in culo, specie se questo ha utilizzato il copro della malcapitata femmina come un sacco boxe.

 Quando si sente dire in tv che una donna è stata ammazzata per eccesso di amore, beh, questa frase avrebbe fatto cadere a terra anche i coglioni di un castrato come Farinelli, visto che la psichiatria, pronta sempre a pontificare su ogni presunta malattia o normalità, come l’omosessualità, non ha ancora cavato fuori una patologia psichiatrica, da reclusone preventiva in un manicomio criminale, dei maschi che picchiano le femmine. Che sia perché anche molti psichiatri picchiano come tamburi le loro femmine e quindi meglio non svegliare la cagna che dorme?

Alla fine si ha ancora l’impressione di trovarsi innanzi a una classe politica che si crede illuminata, ma che non è altro che culturalmente e moralmente spiantata, e che non avendo il coraggio di prendere il toro per le corna, pardon, il maschio per i coglioni,e perciò incolpa la donna che vende la propria immagine, salvaguardando il diritto delle puttane di farsi slabbrare il primo e secondo canale, per mero mercimonio, perché le puttane farebbero un servizio sociale, in nero, da svuota coglioni per maschi, generando un fantastico giro di affari –  che la politica non vuole smantellare, il che porta a pensare che siano indirettamente complici e/o che ne ricevano dei benefici economici e/o sessuali –  per la criminalità organizzata, che sentitamente ringrazia trent’anni di classe politica ottusa e oligofrenica.

Marco Bazzato